garou: mrk of the Wolves

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k9999
view post Posted on 20/11/2008, 16:55






Garou – Mark Of The Wolves, è ultimo capitolo della saga di Fatal Fury, noto picchiaduro e classico cavallo di battaglia della SNK, prodotto in quello che era il suo periodo d’oro, prima che andasse incontro alla crisi finanziaria. Il gioco è ambientato 17-18 anni dopo gli avvenimenti del primo episodio della saga, ovvero quando Terry Bogard decide di adottare Rock Howard, figlio dell’arcinemico Geese, dopo che è (apparentemente) morto nello scontro finale. Rock oramai è grande e ha appreso e perfezionato le arti marziali di suo padre assieme a quelle di Terry e ora ha intenzione di scoprire la verità su sua madre partecipando ad un torneo di arti marziali nella zona di Southtown. Ad accompagnarlo, oltre il suo maestro, ci saranno una serie di personaggi con un carisma non indifferente: Kim Dong Hwan e Kim Jae Hoon, figli del più noto Kim Kaphwan, il simpatico ninja Hokutomaru, allievo di Andy Bogard, fratello di Terry, Butt Khushmood, che rappresenta nientepopodimeno che il Kyokugen Karate (si quello di Ryo Sakazaki di Art Of Fighting :D), gli esperti di Kung-Fu Gato e Hotaru Futaba, il wrestler Tizoc The Griffon, il misterioso Freeman, il poliziotto Kevin Rian e la gnocca di turno B. Jenet a capo di una stramba banda di pirati, chiudono il cerchio i boss Grant e Kain R. Heinlein, che pare abbia qualche parentela con i Howard.

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view post Posted on 21/11/2008, 17:27
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Nel 2005 SNK Playmore decise, con sorpresa di tutti, per la conversione Playstation 2 di Garou: Mark of the Wolves. Quattro anni dopo la ottima edizione Dreamcast veniva quindi accontentata una fascia di videoplayers che sulle nuove console era storicamente poco considerata.

Ci avrebbe pensato la stessa Playmore, nei mesi successivi e grazie alle riedizioni dei titoli chiave di SNK, a mettere le cose a posto sul fronte del beat'em up bidimensionale per PS2.

Riguardo Garou, la software house nipponica se ne uscì con una edizione deluxe contenente gioco e stick dedicato, tuttora discretamente reperibile su Ebay ma a prezzi piuttosto elevati. Evidentemente i realizzatori, consapevoli dell'interesse che ancora gravitava sul titolo, vollero testare la fedeltà di una schiera di utenti che non aveva mai del tutto abbandonato la scena NEO GEO.

Non a caso l'iniziativa ottenne un discreto successo, sebbene il bundle (così come il gioco) fosse destinato a rimanere entro i confini del Giappone. Dal canto nostro, ci siamo accontentati della ristampa distribuita di recente per pochi dollari sempre su suolo nipponico.

Il gioco è quello. Lo abbiamo sviscerato prima in arcade e poi su Dreamcast, trovando la pace dell'uno contro uno a incontri e scorgendo la pura evoluzione del combo system di applicazione bidimensionale.

Garou prende le distanze dalla rigidità di combattimento dei precedenti Fatal Fury, avvicinandosi per ritmica di esecuzione alla saga di King Of Fighters o allo stesso Street Fighter III 3rd Strike. La possibilità di bloccaggio degli attacchi avversari è in effetti paragonabile al parrying system del terzo strike capcomiano, anche se le dinamiche di avvicinamento risultano perlopiù originali.

Il tempismo, in Garou, è tutto. E non è neppure tanto difficile imparare il linkaggio combo più efficace per ogni lottatore, vista la precisione chirurgica delle collisioni nonchè del sistema di controllo, che risponde caricando le mosse in anticipo per una concatenazione di pugni potenti e proiezioni di alta coreografia.

La rappresentazione delle tecniche di combattimento vede i protagonisti sfidarsi alla pari, in virtù di un perfetto bilanciamento tra mosse normali e speciali. L'equilibrio raggiunto dagli incontri garantisce la assoluta incertezza sull'esito finale, che sarà determinato solo e sempre dalla abilità del manovrante umano, quale che sia il lottatore prescelto. Ma fattore "professionalità" a parte, Garou sa essere convincente anche con il neofita, allorchè non si riscontrano combinazioni così articolate da creare imbarazzo in fase di trasformazione delle mosse.

In ambito contenutistico la versione Playstation 2 offre, per il gioco in singolo, uno Story Mode e un Survival. Una modalità online è prevista, ma non supportata in territorio occidentale, mentre in ambito opzioni si riscontra diffusa completezza, visto che è possibile applicare i filtri alla immagine, selezionare tre tipi di schermata (normale, allungata o allargata a tutto lo schermo) e usufrurire di una colonna sonora remixata.

Immancabile infine la galleria di immagini sbloccabili, per accontentare l'otaku, ma a noi che non lo siamo interessava principalmente il coefficiente di conversione.

E bisogna dire che il livello di fedeltà con il coin-op risulti assoluto sia sul profilo estetico che su quello dei controlli. Quindi ritroviamo sua maestà character design e sua eminenza animazione applicati a un fondale che non cala mai di ispirazione, che muove treni, automobili, persone, che cambia di colore e che presenta un dettaglio fuori dal comune.

Ci si rende conto della complessità scenografica, che era tale su NEO GEO e che resta tale sulla piattaforma Sony, soffermandosi sul particolare, volgendo lo sguardo prima ai protagonisti, poi su ciò che accade nello sfondo: vengono fuori due strati bidimensionali paralleli talmente complessi che quasi non si crede che tutto ciò girasse, nel 1999, su di una scheda vecchia di dieci anni.

A mantenere elevato il feeling del coin-op ci pensa anche la istantaneità dei caricamenti, giusto per non frammentare il gameplay e non far rimpiangere il cartuccione. Potremmo ultimare col sonoro, parlandovi della sostanza technojazz del surrond e della monofonia ricercata e sperimentale, ma anche qui finiremmo per magnificare e tessere lodi, sicchè preferiamo chiudere la questione Garou: Mark of the Wolves inserendo lo stesso nella elite dei picchiaduro a incontri per Playstation 2.


FONTE




Come riuscire, in pieno 2007, a parlarvi di un beat'em up bidimensionale senza, immancabilmente, provare un minimo di imbarazzo? Il sentore che si possa esser relegati, immediatamente, nella nicchia dei "retrogamers" è forte, ma ci piace pensare che, dall'altra parte dello schermo, ci stia leggendo della gente intelligente, capace di ergersi al di sopra degli standard imposti da chissà quale ingorda softco mangiasoldi.

Ci piace credere che ancora oggi si possa definire un titolo quale attuale, benchè caratterizzato da un bidimensionale che, lo ammettiamo, non è più modaiolo, in mezzo a icone videoludiche altamente texturizzate, con una fedina penale alquanto lercia o, più semplicemente, calate nel mai troppo abusato - si direbbe - contesto poligonale ad alta risoluzione, che nulla ormai lascia alla fantasia del videogamer.

Un mondo difficile per chi, decadi orsono, spendeva un numero indicibile di monetine in un qualsivoglia cabinato da sala, purchè contenesse un picchiaduro massiccio, oltremodo stiloso, dannatamente "anni '80".

Erano i tempi di C+VG quando giunse su Super Famicom, Pc Engine e Mega Drive il porting dell'immortale Street Fighter 2 di Capcom, che fu immediatamente catalogato come "arcade perfect". Già, al tempo noi videogamers eravamo di bocca buona, per così dire, e bastava un porting che rispecchiasse il gameplay da sala, perchè fosse considerato "arcade perfect". Final Fight su Snes era arcade perfect, Out Run su Pc Engine era arcade perfect, Metal Slug per Saturn era arcade perfect. Inutile dire che ciò, logicamente, era quantomeno lontano dal vero, e i facoltosi possessori di un sistema Neo Geo Aes lo sapevano di certo; altrimenti, ci domandiamo, quale altra variabile potesse portare tali individui a spendere mezzo milione di lire per cartuccia.

In effetti, il Neo Geo fu una macchina tecnicamente inimitabile, nell'ambito del bidimensionale: gli stessi portings di titoli Snk giunti su hw Saturn e Psx, tristemente, non potevano che sembrare pallide imitazioni delle enormi e indistruttibili carts da sala o per Neo Geo. Ma andava tutto bene: noi comuni ragazzini "mortali" vivevamo di paghette settimanali, e lo Snes e il Mega Drive furono ugualmente degli ottimi compagni di gioco, nonostante rimanesse il rammarico del non poter giocare, in casa, un VERO titolo da sala, pixel per pixel.

Questo stato di cose, ormai passivamente accolto nelle nostre menti, venne del tutto rivoluzionato con l'immissione sul mercato del 128 bit Sega: l'enorme quantitativo di ram video, unito ad una struttura flessibile e "bitmap friendly", riuscì a gestire le schede Neo Geo (Snk), Cps2 e Cps3 (Capcom) con una facilità ineffabile, portando nelle nostre case, per la prima volta, ogni singolo pixel visualizzato in un cabinato da sala.

Sgomento. Tra montagne di portings perfetti, si insinuava nelle nostre menti l'idea e la convinzione che si sarebbero visti, di lì a breve, dei portings fedelissimi delle ultime produzioni da sala di Capcom, con Street Fighter 3, ed Snk, con il qui trattato Mark of the Wolves. Così fu, inesorabilmente.



Una nuova generazione di lottatori!

Suddetto titolo, appartenente alla nota saga di Fatal Fury, è ambientato anni dopo il grandioso Real Bout: Terry Bogard, dopo la dipartita di Geese Howard (indiscussa nemesi, nei precedenti titoli della saga), alleva il figlio di quest'ultimo, Rock; logicamente, lo scorrere del tempo non avrà risparmiato anche gli altri noti personaggi presenti nei precedenti capitoli (difatti, delle vecchie figure, l'unica ancora selezionabile sarà un più maturo ma sempre aggressivo Terry Bogard), rimpiazzati dai rispettivi allievi, i quali conseguentemente disporranno di tecniche non molto dissimili da quelle adoperate dai propri maestri; in questo scenario, viene calata la figura di Kain Heinlein, che puntualmente provvederà a rimpiazzare degnamente il già abbastanza folle Geese Howard; ciò comporta, quindi, un immenso lavoro di restyling e un dispiego di risorse elevatissimi, che confluiranno in un chara design da applausi, un level design artisticamente irreprensibile e una rielaborazione delle combo certosina. Ci sarebbe da commuoversi.

Esasperazione della tecnica...

A questo punto urge precisare che, se siete tra quelli che amano menare le mani senza un minimo di cognizione, premendo senza la minima astuzia o strategia i tasti del vostro, necessario visto l'ambito, arcade stick, questo titolo non è destinato a voi, assolutamente.

Il sistema di combo è completamente votato alla strategia, e solo uno studio attento del vostro personaggio vi permetterà di creare combinazioni di colpi altamente spettacolari e potenzialmente dannose per il vostro avversario; ciò comporta che, dinnanzi ad un giocatore molto allenato, un vostro approccio superficiale e sommario vi costerà la sconfitta, senza alcun dubbio. Fondamentali, dunque, saranno le tempistiche di attacco, attente strategie difensive e tecnicismi assortiti; chiunque stia pensando di non poter approcciarsi in tal modo all'ultima fatica Snk, corra immediatamente a comprare un qualsiasi altro beat'em up casinista, perchè qui non saranno ammessi i casual gamers della Domenica.

Il sistema di combattimento si regge, ancora, su due imponenti colonne portanti, concettualmente parlando: avremo così da scegliere tra "S-Power" e "P-Power", due diversi approcci al prodotto, entrambi con i propri punti di forza e debolezza; fondamenta sulle quali studiare, per fare ivi poi germogliare la più armonica e completa delle offensive. Ravvisando, poi, come ogni combattente disponga di un personalissimo stile, e come ogni stile comporti una offensiva via via diversa, viene naturale immaginare scontri altamente imprevedibili, ove fino all'ultimo l'intelletto di un avversario anche meno allenato, ma più attento nel dosaggio dei propri colpi, potrà fare da variabile decisiva, in vista di una buona riuscita dell'incontro.


Un autentico arcade perfect!

Tecnicamente, come già accennato in apertura, questo Mark of the Wolves è assolutamente irreprensibile: i colori saturi e vivi delle controparti Mvs (sala giochi) ed Aes (Neo Geo) sono giunti sulla macchina Sega senza perdite o mancanze di sorta, e stesso dicasi per le animazioni, sontuose sia per ciò che riguarda i personaggi, sia per ciò che riguarda gli elementi dello sfondo.

Come se ciò non fosse già sufficiente per provocare mestizia tra gli irriducibili sostenitori del Neo Geo (ricordiamo ai presenti che, allo stato attuale, la cart di Mark of the Wolves in formato "Aes", costa non meno di 250-300 euro), v'è da notificare la presenza di un sound rimasterizzato che darà un valore aggiunto irresistibile alla magnificenza tecnica ivi descritta.

Detto questo, dunque, l'acquisto della versione Aes di Motw sarebbe da consigliarsi solo ai fans Snk più affezionati o ai collezionisti, che mai potrebbero rinunciare alle comunque fascinose e immense carts Neo Geo; per tutti gli altri, purchè veri amanti del beat'em up ragionato, la versione Dreamcast sarà da possedersi, inesorabilmente (tra l'altro, sarà possibile scegliere tra le versioni "Snk" (prima stampa) o "Playmore" (versione budget), identiche per contenuti, ma dissimili per package).


RECENSIONE EVERYEYE.IT


Garou – Mark Of The Wolves, è ultimo capitolo della saga di Fatal Fury, noto picchiaduro e classico cavallo di battaglia della SNK, prodotto in quello che era il suo periodo d’oro, prima che andasse incontro alla crisi finanziaria. Il gioco è ambientato 17-18 anni dopo gli avvenimenti del primo episodio della saga, ovvero quando Terry Bogard decide di adottare Rock Howard, figlio dell’arcinemico Geese, dopo che è (apparentemente) morto nello scontro finale.

Rock oramai è grande e ha appreso e perfezionato le arti marziali di suo padre assieme a quelle di Terry e ora ha intenzione di scoprire la verità su sua madre partecipando ad un torneo di arti marziali nella zona di Southtown.

Ad accompagnarlo, oltre il suo maestro, ci saranno una serie di personaggi con un carisma non indifferente: Kim Dong Hwan e Kim Jae Hoon, figli del più noto Kim Kaphwan, il simpatico ninja Hokutomaru, allievo di Andy Bogard, fratello di Terry, Butt Khushmood, che rappresenta nientepopodimeno che il Kyokugen Karate (si quello di Ryo Sakazaki di Art Of Fighting :D), gli esperti di Kung-Fu Gato e Hotaru Futaba, il wrestler Tizoc The Griffon, il misterioso Freeman, il poliziotto Kevin Rian e la gnocca di turno B. Jenet a capo di una stramba banda di pirati, chiudono il cerchio i boss Grant e Kain R. Heinlein, che pare abbia qualche parentela con i Howard.


Ora la domanda è più che lecita: si può davvero considerare MOTW come il vero seguito della saga di Fatal Fury? Sebbene sia stato confermato ufficialmente, personalmente direi si e no: l’ambiente è sempre quello, la città di Southtown, ricostruita dopo i tragici avvenimenti del Zero Cannon (vedi King Of Fighters 2000) e riferimenti ai precedenti episodi c’è ne sono eccome, ma il protagonista non è più Terry, che si potrebbe considerare in MOTW come un apriporta per questa nuova generazione di lottatori, e mancano tutti quei personaggi che hanno da sempre caratterizzato la serie, manca persino il sistema a cambi di piano che ha da sempre caratterizzato la serie, sostituendolo con uno sfondo a singolo piano.

Non si può non menzionare la grandiosa qualità grafica del gioco, perfetta, che si può mettere allo stesso livello della serie di Last Blade (sempre su Neo-Geo) e anche le animazioni stesse sono degne di nota, specie a confronto con altri giochi della stessa scheda, così come gli sfondi, molto colorati e suggestivi, come quelli di Freeman o di Rock.

Il sonoro è ben curato, sia quella della spiegazione dei controlli, che quella della selezione dei personaggi e le musiche degli stage sono tutte ispirate e spaziano su più generi musicali, anche le voci dei personaggi sono bellissime e danno maggiore carisma al personaggio (personalmente quelle che preferisco sono quelle di Terry e di Butt).

La giocabilità del gioco è a grandi livelli: MOTW diverte parecchio concentrando tutto su un piano di gioco rendendolo meno strategico rispetto alle serie precedenti, la difficoltà del gioco poi è anche ben calibrata, fatto importante dato che i giochi della SNK hanno sempre avuto il difetto di essere esageratamente difficili, e finito il gioco con un personaggio verrà sicuramente voglia di giocare con gli altri non solo per vedere il finale, ma anche per la semplicità e la quantità delle loro mosse, che favorisce di non poco la longevità complessiva.

La power bar è composta da due livelli, una chiamata S (Super Move), l’altra P (Potential Power) e solitamente per fare le super basta compiere due mezze lune e i pugni/calci forti/deboli a seconda se si vuole fare una S o una P move. A differenza degli altri Fatal Fury, la life bar presenta solo una semplice barra, ma introduce il T.O.P System (Tactical Offensive Position): una volta selezionato il personaggio vi sarà chiesto di posizionare il momento T.O.P a inizio, a metà o a fine barra e quando nel gioco arriverete a quel punto si avrà una maggiore forza, un lento recupero di energia e la possibilità di eseguire un ulteriore colpo speciale, il T.O.P Attack, premendo semplicemente i pulsanti forti contemporaneamente.

Importante inoltre segnalare il sistema di difesa dei combattimenti con il Just Defense, il Guard Cancel e il Guard Crash: il primo consiste di parare gli attacchi avversari prima del loro compimento, il secondo consiste la possibilità di contrattaccare l’avversario dopo il Just Defense e l’ultimo avviene quando si para troppe volte e ad un certo punto il nostro personaggio lampeggerà di rosso evitando di parare la mossa successiva del nostro avversario.

Infine segnalo il Continue Service, gia apparso in King Of Fighters 1999: una volta perso e premuto il continue vi sarà data la possibilità di aumentare la vostra power bar al massimo livello, di diminuire il livello di difficoltà, di diminuire di un quarto la life bar dell’avversario o di giocare normalmente.


Gli unici difetti che si possono riscontrare nel gioco sono due: la presenza di soli 14 personaggi (di cui 2 sono segreti) e la scarsa casualità dei combattimenti: più volte mi è capitato di combattere sempre con alcuni personaggi negli stessi livelli, ma certamente queste due piccole pecche non intaccano la qualità altissima del gioco. Concludendo Garou – Mark Of The Wolves è sicuramente uno dei migliori, se non il migliore, picchiaduro bidimensionale uscito per Neo-Geo, contando sopratutto il fatto che il gioco sfrutta ai limiti la scheda e che qualche anno dopo la SNK fallirà. Consigliatissimo, sopratutto ai fan dei giochi di lotta, non ve ne pentirete.



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